Le persone senza dimora e gli altri invisibili ai tempi del Coronavirus: l'indagine svolta dalla fio.PSD
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Data: 05 Marzo 2020
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Territorio Nazionale
L'emergenza legata al Coronavirus sta avendo già delle ripercussioni a livello socio-economico la cui portata è difficilmente quantificabile. Una situazione inedita che rischia di gravare ancora di più sulle persone più fragili del tessuto sociale, adulti senza dimora che vivono già in condizioni di estrema vulnerabilità. Un'emergenza nell'emergenza insomma, come risulta da un'indagine svolta dalla fio.PSD - Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora e dai suoi Soci.
L'associazione, che persegue finalità di solidarietà sociale nell'ambito della grave emarginazione adulta e delle persone senza dimora, lancia quindi un allarme e un appello alle istituzioni competenti per prevedere dei protocolli di intervento e misure preventive soprattutto per i servizi a bassa soglia. Un dispiegamento di forze professionali (unità mobili socio-sanitarie) in strada e presso i servizi per applicare misure preventive di screening, per evitare contagi e diffusioni del virus che in condizioni di estrema vulnerabilità potrebbero essere ancora più rapidi e aggravanti.
Sono più di 55.000 infatti le persone senza dimora e stranieri che a causa dei decreti sicurezza sono finiti per strada e vivono la paura di farsi vedere o visitare. Una enorme fetta di popolazione che, oltre a tutti i disagi di una vita difficile, subisce ora una ulteriore emergenza e rischia pure di diffonderla.
Per capire cosa succede ai servizi e alla persone senza dimora a seguito dell'emergenza Coronavirus e delle ordinanze locali, la fio.PSD ha rivolto, perciò, alcune domande ai suoi Soci in tutta Italia.
Questo è il riepilogo delle risposte ricevute:
Avete dovuto modificare dei servizi?
Il paradosso maggiore è che sono stati interrotti alcuni servizi igienici quali docce e distribuzione di indumenti, sono stati anche chiusi alcuni servizi di lavaggio vestiti e gli ambulatori.
Più della metà delle realtà ha dovuto modificare i servizi facendo accedere alla mensa poche persone per volta, fornendo pasti da asporto, spesso non caldi, da mangiare fuori dalle strutture.
Alcuni dormitori sono ora aperti 24h per invogliare gli ospiti a non andare per strada, è stata fornita una maggiore informazione su igiene e sicurezza ed è stato ampliato e rafforzato il servizio delle Unità di Strada.
Questa situazione ha ripercussioni sulle persone senza dimora o con particolari vulnerabilità?
Sì, si sentono ulteriormente esclusi ed emarginati, aumenta in loro la paura specialmente di coloro che presentano anche problematiche psichiatriche, aumenta inoltre la diffidenza. In alcuni comuni si lamenta che le autorità non si stanno interessando di protocolli per la gestione delle persone in strada, sicuramente i media li ignorano
Il numero di volontari si è modificato?
Nel 45% delle risposte i volontari sono diminuiti e solo in un 5% sono aumentati.
Come hanno risposto le persone senza dimora all'emergenza?
Le persone hanno risposto a volte con grande spirito di adattamento e collaborazione, mostrando una grande comprensione della situazione. I rischi del vivere in strada sono decisamente più alti di quelli del Coronavirus. In altri casi invece c'è molta confusione e preoccupazione; a volte inconsapevolezza oppure timore di ammalarsi, anche di semplice influenza e avere ancor meno possibilità di protezione.
Questa situazione comporta dei costi extra per i servizi e la struttura?
Per il 57,5% sono aumentati i costi perché da una parte sono aumentate le ore di apertura, i tempi e le modalità di erogazione dei pasti, dall'altra sono diminuiti i volontari.
Vuoi descriverci lo sforzo organizzativo che avete affrontato?
In tempi strettissimi è stato necessario riorganizzare a volte completamente i servizi, cercando di contenere al massimo le frustrazioni e le paure degli operatori e degli ospiti.
È stato quindi fatto un grande lavoro di mediazione per spiegare la situazione agli ospiti e sono state redatte indicazioni scritte per volontari, ospiti e operatori. Sono poi stati acquistati contenitori monouso a norma per la somministrazione di alimenti caldi, messo a punto la logistica di distribuzione dei sacchetti e formato i volontari. Per chi vive in zona rossa è stata infine attivata la modalità di smart-working.